venerdì 22 settembre 2017

L'Inganno - la recensione

Torna Sofia Coppola, a quattro anni di distanza da Bling Ring, e sembra tornare alle origini della sua filmografia, a quel Il Giardino delle Vergini Suicide che sapeva dosare meravigliosamente inquietudine e leggiadria.

Nel bel mezzo della Guerra di Secessione Americana, con i cannoni che risuonano il lontananza, siamo introdotti in un mondo sospeso, quasi ultraterreno, in cui il bianco virginale degli abiti delle donne è abbagliante in contrasto con il sangue portato dal soldato nordista interpretato da Colin Farrell.
Siamo di fronte a una sorta di fiaba distorta, e infatti la scena iniziale è proprio quella di una bambina da sola nel bosco che si imbatte in quello che potremmo definire un "lupo", e impietosita lo porta con sé, ferito e sanguinante, nel collegio in cui risiede insieme ad alcune altre ragazze e due istitutrici.
Qui la presenza maschile funge da catalizzatore affinché l'equilibrio precario si rompa: le donne, dalle bambine fino alla più anziana, sono inesorabilmente attratte da lui, non riescono a tenervisi lontane, scatenando un malsano circolo di gelosie e inganni.
Ma la genialità del film sta nel ribaltamento della fiaba classica. Il lupo diventa vittima, prigioniero inerme di un gruppo di donne solo apparentemente pure, e allora anche la fotografia si fa più scura e la regia più cupa, fino allo sfociare nel thriller più teso.

Il cast, guidato da una sempre magistrale Nicole Kidman, fa un lavoro pazzesco, da Kirsten Dunst a Elle Fanning, e anche Farrell stupisce positivamente.

Il film ha vinto il premio per la regia allo scorso festival di Cannes e non ci stupiremmo di vederlo in corsa ai prossimi Oscar, perché Sofia Coppola questa volta riesce a centrare in pieno tutti i punti, confezionando il suo miglior film dai tempi di Marie Antoinette.

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